Idiozie non euclidee

Paolo Caressa (2004)



Ci sono affermazioni che pochi metterebbero in dubbio, a rischio d'essere tacciati per dementi: ad esempio il fatto che la terra gira intorno al sole e non il sole intorno alla terra è moneta corrente. Perché siamo convinti della verità di questa affermazione? Non certo perché l'abbiamo verificata di persona, ma, ad esempio, perché a scuola ce l'hanno insegnato e anche se contrasta con una apparente evidenza (possiamo ogni giorno vedere il sole "muoversi" nel cielo da est a ovest) crediamo in questa affermazione perché gli astronomi, che passano il loro tempo a studiare gli astri e i loro movimenti, ne sono convinti, e noi, che non passiamo il nostro tempo a studiare gli astri né i loro movimenti, non possiamo pretendere di saperne più di loro in materia, perciò facciamo nostra questa loro affermazione.

D'altra parte gli scienziati, i filosofi ed i sapienti in generale esistono, per così dire, proprio per questo: per studiare ed indagare questioni che la maggior parte delle persone non ha tempo, né voglia, né capacità di approfondire. In qualche senso, la maggior parte delle persone delega a questa cerchia di intellettuali il compito di rispondere a molte domande complesse e profonde, in base ai loro studi e a quelli dei loro predecessori.

Tuttavia l'affermazione: Le eruzioni vulcaniche sono causate da laghi sotterranei di pomodoro non solo ci appare falsa, ma anche ridicola! Nessuno di noi si prenderebbe la briga di confutarla: è così palesemente falsa da suonare buffa. Anche a chi non sa esattamente quale sia la causa dei terremoti né possa dimostrare che il sottosuolo terrestre non è invaso da laghi di pomodoro. Un geologo saprebbe certamente dirci in poche parole perché questa affermazione è falsa, ma credo che pochi sentiranno il bisogno d'essere corroborati da una opinione autorevole in questo caso...

Insomma: su ciò di cui non sappiamo nulla dobbiamo fidarci del giudizio di chi ne sa più di noi. Io non so nulla, ad esempio, di filologia sanscrita: lo so bene e se volessi, o mi fosse chiesta, una opinione in materia, dovrei andarmi a leggere qualche libro, o parlare con qualche esperto del settore per farmi almeno una vaga idea di questa disciplina.

Eppure, è tipico della persona ignorante, che appunto ignora qualcosa, ignorare anche d'ignorare questa cosa e pretendere di saperne tutto... Il ritratto dell'ignorante che ho appena delineato è così irritante che nessuno vorrebbe riconoscervisi. Eppure ci comportiamo in questo modo più spesso di quanto non vorremmo.

Un semplice esempio: la medicina, ed i dottori che la esercitano, è una scienza vasta e complessa, che ha ottenuto risultati strabilianti. Eppure molte persone attribuiscono ad entità sovrannaturali i miglioramenti ottenuti in seguito alle cure mediche: si fanno cioè curare negli ospedali, operare dai chirurghi e così via, e quando la cura o l'operazione va a buon fine il merito non è della medicina e del medico, ma magari di San Gennaro. Se invece la cura o l'operazione non vanno a buon fine è colpa del medico e della medicina...

Ma il campo nel quale tutti, anche molti intellettuali, esercitano in modo protervo e spocchioso la loro ignoranza è la matematica: infatti le affermazioni matematiche concernono enti non concreti, come il sole o una ferita corporea, ma astratti, come numeri e triangoli, dei quali non si ha una chiara percezione. Inoltre la matematica non ha esperimenti che permettono di verificare o confutare una ipotesi, ma procede per dimostrazioni, cioè ragionamenti che, a partire da certe premesse, giungono a certe conclusioni, che non è facile intendere correttamente se non si è studiato abbastanza.

Euclide, al re Tolomeo che gli domandò un mezzo rapido per apprendere la sua geometria, rispose che "non esistono vie regie in geometria", cioè che non ci sono scorciatoie: i teoremi se sono difficili lo sono per tutti, e per essere compresi richiedono sforzo e dedizione. Non si può capire una questione matematica profonda con poco sforzo, come molti pretendono di fare.

Un classico esempio è quello delle geometrie non euclidee, e veniamo al punto. La classica opera di Euclide, gli Elementi, riusciva, per mezzo di una grandiosa architettura intellettuale, a ridurre a sole cinque le premesse necessarie per dimostrare tutti i suoi teoremi, i famosi cinque postulati. Di questi, i più famoso è il quinto, che, a paragone degli altri, sembra una affermazione più complessa, e che in termini moderni possiamo enunciare come: data una retta ed un punto fuori di essa, è possibile tracciare solo una retta parallela alla retta data e passante per quel punto.

Data la maggiore complessità di questa affermazione rispetto alle altre, gli studiosi antichi pensarono di poterla dimostrare a partire dalle altre quattro. Molti ci provarono, ma in realtà chi riuscì a dimostrare il quinto postulato potè farlo solo introducendo oltre ai quattro assiomi un altro principio in realtà equivalente al quinto postulato stesso.

Fu al principio del XIX secolo che Boylay e Lobacevskij compresero che si poteva costruire una geometria usando i primi quattro postulati e la negazione del quinto, mostrando in tal modo che il quinto postulato non si può dimostrare a partire dagli altri quattro, e questo chiuse la questione.

Per capire cosa vuol dire e come è stato fatto facciamo un esempio: consideriamo le due affermazioni seguenti: (1) i mammiferi hanno due zampe e (2) i mammiferi hanno la coda. Le due affermazioni sono indipendenti, nel senso che non si può, data la (1), dimostrare la (2). Questo sembra ovvio, ma come possiamo dimostrarlo? Semplice: se riusciamo a trovare un mammifero con due zampe ma senza coda (e basta prendere un uomo) allora avremo un esempio (un modello, come si dice in matematica) di entità che soddisfa all'assioma (1) ma non al (2). Questo vuol dire che da (2) non segue necessariamente (1), cioè che non è vero che ogni ente che soddisfa (1) deve per forza soddisfare anche (2), e quindi che (2) non si può dimostrare a partire da (1). .

Dunque da (1) non si può dimostrare (2), e questo vuol dire che possiamo, supponendo vera la (1), assumere la (2) oppure la sua negazione senza incappare in nessuna incoerenza: in altri termini, al sistema di assiomi (1) si può aggiungere l'assioma (2) o se ne può aggiungere la sua negazione ottenendo comunque due teorie coerenti. Ad esempio, un canguro è un modello per il sistema (1) e (2), mentre un uomo è un modello per il sistema (1) e non (2)...

Con gli assiomi euclidei Lobacebvskij ha fatto lo stesso: ha costruito una geometria in cui valgono i primi quattro assiomi di Euclide ma non il quinto, ha cioè esibito un uomo laddove Euclide mostrava un canguro. Con ciò la questione del quinto postulato è stata risolta e consegnata alla storia della matematica, e la consultazione di qualsiasi libro può chiarirla, ad una persona ragionevole. Non ad un beota (il grande matematico K.F. Gauss intuì la dimostrazione di Boylay e Lobacevskij ma non la divulgò, temendo "le strida dei beoti", cioè dei filosofi idealisti che travisavano la concezione kantiana del tempo e dello spazio).

Molte persone ignorano che la questione del quinto postulato è stata chiarita definitivamente. Questa non è una colpa: più irritante è che alcuni di questi ignoranti, non avendo studiato o capito la dimostrazione, pretendano che si possa ancora dimostrare il quinto postulato. E c'è ancora chi gli dà corda.

Se su una intera pagina di un quotidiano nazionale apparisse un articolo che parla di un tizio che vuole dimostrare che, se un mammifero ha due zampe allora ha anche la coda, quale sarebbe la reazione del lettore? Penso che riterrebbe un povero ignorante il tizio, un mistificatore o un ignorante ancor peggiore il giornalista che ha scritto il pezzo, e, nella migliore delle ipotesi, una banda di cialtroni la redazione del giornale che ha pubblicato il pezzo... Questo nel caso dei mammiferi.

Nel caso del quinto postulato ciò è accaduto domenica 8 agosto 2004, su La Repubblica: Gabriele Romagnoli ha scritto un articolo che inizia dalla prima pagina e comprende tutta pagina 13 del giornale per dare voce a un libanese convinto d'aver dimostrato il quinto postulato di Euclide.

L'articolo è così zeppo di demenziali farneticazioni, luoghi comuni ed errori banali che, inizialmente, ho pensato ad una burla, tipo quelle che i giornali inglesi pubblicano il primo aprile. Purtroppo non era così. Ma perché segnalare, e con tanta acrimonia, questo patetico caso di giornalismo spazzatura? Mi domando se in un articolo si mettessero sullo stesso piano Dante, Leopardi, Manzoni e uno scrittore dilettante, sostenendo che le opere di quest'ultimo sono un progresso rispetto a quelle dei primi tre cosa accadrebbe... Non si possono sparare corbellerie e peti intellettuali di questa portata senza causare indignazione, a meno che le corbellerie non siano matematiche: allora tutto va bene e nessuno protesta. Quando poi, con tante notizie importanti o spunti interessanti, a queste flatulenze mentali si dedica un'intera pagina, la misura è colma.

Per entrare nel dettaglio, ecco qualche commento dei punti più spaventevolmente demenziali.

E qui mi fermo, perché l'articolo continua nella descrizione della vita di questa persona e della sua "opera" matematica. Tutti meritano rispetto, se si trae diletto da un passatempo è bene coltivarlo, come chi scrive poesie e se le fa pubblicare in proprio. Ma che un'intera pagina di un giornale sia dedicata a questo, e condita da un tale cumulo di scemenze sulla storia della scienza, sarebbe come dedicare una pagina ad uno dei milioni di poeti dilettanti italiani spacciandolo per l'autore del secolo.

Ma, evidentemente, i beoti stridono ancora.


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