Nel nostro paese il fumetto è stato, e per molti versi è ancora, considerato un sottogenere, un mezzo espressivo, meglio un medium, indirizzato al pubblico dei piccoli e degli adolescenti a mo' di equivalente moderno delle fiabe (sebbene privo della magica mediazione della parola dell'adulto che rende la fiaba una esperienza unica e insostituibile). Le schiere di appassionati, anche insospettabili, non sembrano aver contribuito a mitigare questa visione assai parziale di un genere a metà fra il letterario e l'artistico, ma ritenuto solitamente indegno di entrambi questi attributi.
La sola presenza di questo preambolo, pur nell'economia di un contributo così breve, la dice lunga sull'imbarazzo che può aversi nel trattare di questa forma espressiva in modo disinvolto anche da parte di chi considera l'arte del fumetto degna di ogni considerazione: si ha sempre l'impressione di dover convincere il lettore della serietà e dell'importanza di quel di cui si parla.
Va quindi accolta con estremo favore la pubblicazione di questo appassionato libriccino, nell'àmbito delle Danze macabre, manifestazione dedicata alla Morte nelle arti e giunta alla quarta edizione e che si articola in una pletoa di appuntamenti svolti a Bergamo e provincia. In particolare il libro nasce come una guida alla lettura della mostra omonima allestita presso il Museo Adriano Bernareggi fra il 7 novembre e il 7 dicembre 2008.
Ma in realtà le ambizioni di questa pubblicazione vanno al di là (è il caso di dirlo): infatti in meno di cento pagine si dipana un tour de force attraverso la storia del fumetto, dalle sue origini fino ai giorni nostri, con particolare attenzione agli autori nostrani, seguendo il filo rosso (o forse nero in questo caso) del macabro.
Naturalmente non ci troviamo di fronte a una storia sistematica del fumetto, il che richiederebbe un ponderoso volume, ma piuttosto a un racconto, a tratti fin troppo rapido e vorticoso, degli sviluppi di questa forma espressiva, articolato non in modo lineare ma che inizia descrivendo quello che gli autori chiamano il punto di svolta e che corrisponde agli anni '80. In questo periodo il fumetto avrebbe trovato una sua maturità espressiva nel dominio del macabro e nelle atmosfere come si usa dire gotiche, con riferimento all'omonimo genere letterario dell'Inghilterra vittoriana: nelle parole degli autori gli anni '80 ci consegnano un fumetto drammatico emancipato tanto dai clichè e dagli stilemi classici quanto dai gesti di rottura dello sperimentalismo degli anni '60-'70, e che riconfigura la propria dimensione narratologica attorno al tema della morte.
La tesi è forse eccessiva: la poetica della morte diverrebbe, secondo gli autori, il tema dominante (ci verrebbe da dire il pensiero dominante) o forse la chiave di lettura stessa che gli autori di fumetto adottano per rappresentare, e a loro modo interpretare, il mondo e quindi offrire visioni, suggestioni o semplicemente storie al pubblico che li legge. Gli esempi che vengono portati sono tuttavia pertinenti e convincenti: dalle cupe atmosfere del Batman nella versione di Frank Miller, non a caso riprese dal cinema a cominciare dall'immaginifica trasposizione di Tim Burton (Batman, 1989), all'opera di Alan Moore, il cui V per vendetta sarà pure portato sul grande schermo, al Pulitzer ottenuto da Art Spiegelmann per il suo Maus.
Resta tuttavia il dubbio se questa new wave di sapore macabro non rientri in un più vasto Zeitgeist in opera in quegli anni, che erano gli ultimi della guerra fredda, in cui i mezzi di comunicazione di massa, dal cinema alla televisione, stavano subendo un "disgelo" sia dalla censura degli anni precedenti, sia dalla cristallizzazione ideologica subita a partire dal Sessantotto e durata per tutti gli anni '70.
Pensando all'opera di Miller, per esempio, viene in mente che in quegli anni il cinema riscopriva le stesse atmosfere col Blade Runner di Ridley Scott (tratto dal celebre libro di Philip Dick pubblicato negli anni '60), e che il flusso di letteratura cyberpunk che inondava in quegli anni le pagine delle riviste e dei libri di fantascienza ha di certo costituito fonte di ispirazione per gli autori di fumetto, come pure certe visionarie atmosfere dei film di John Carpenter. Certamente dalla fine degli anni '80 si inverte la tendenza che vede il cinema influire sulle altre arti figurative di massa, e oggi si assiste infatti precisamente al contrario, con i supereroi della Marvel concepiti degli anni '60 che imperano sul grande schermo, mercè anche le infinite possibilità oggi dischiuse dal digitale. Di nuovo pensiamo a Miller che è anche passato alla regia e come a incarnare una nuova figura di artista "trasversale" capace di esprimersi in linguaggi visivi diversi in modo unitario e sinergico.
Tornando al nostro libro, gli autori, sostenendo la loro tesi, non mancano di notare un paradosso che vale la pena sottolineare: infatti i precursori del fumetto, fra i quali viene giustamente ricordata l'epopea di Max e Moritz (1865) di Wilhelm Busch, rappresentavano senza mezzi termini la violenza e la morte, con presunti fini "educativi" (abbiamo in mente anche certe stampe prussiane), ciò che viene censurato nel fumetto dei primordi che invece si esprime con le strip sui giornali e che contempla personaggi antieroici, che poco si prestano a rappresentare la morte e le atmosfere macabre. Ci piace precisare che questo non accade nella letteratura e nel teatro popolari dell'epoca, basti pensare al Grand Guignole parigino o al fiorire delle riviste pulp negli USA fino all'epoca della Grande depressione.
Il periodo del dopoguerra è passato in rassegna come una fase di maturazione dell'arte del fumetto e della sua grande diversificazione: nascono i supereroi, il fumetto di guerra e Western, i linguaggi si moltiplicano e si fanno più complessi, gli autori si sentono realmente tali, il pubblico si estende. Sarebbe stato veramente impossibile rendere in poche pagine questo processo, ma l'entusiasmo dei nostri autori trapela dalla voglia di non lasciarsi sfuggire nessun "classico" e di citare quanto più è loro possibile.
Il risultato è senz'altro ammirevole, specie per gli appassionati del genere che possono scoprire o riscoprire in modo sistematico i loro percorsi di lettura, ma rischia di confondere un neofita e di non trasmettere la passione che certo gli autori provano nel ripercorrere le intense pagine della storia del fumetto.
Questa panoramica sempre più vertiginosa si chiude con una rassegna del fumetto degli anni '90 molto equilibrata e informata, che fornisce lo spunto per alcune interessanti riflessioni sul tema della morte non solo nel fumetto ma anche nella società di massa: in sostanza la tesi è che in qualche modo la morte è tornata al centro della scena, come se la sua negazione fosse stata esorcizzata per sempre: il caso emblematico è la morte di Superman (ma ricordiamo anche l'assassinio di Capitan America, fonte di discussione fra i fan); non è un antagonista né un comprimario a morire, ma il protagonista, per di più simbolo incrollabile dell'eterna forza e giovinezza.
Sebbene ci sarebbe piaciuto vedere citato anche il Conan di Roy Thomas (sia nell'elegante versione di Barry Smith che nel cupo bianco e nero di John Buscema e collaboratori), esempio emblematico sia per le tinte fosche delle storie che per la parabola del personaggio, nato sui pulp degli anni '30 (il suo inventore è il leggendario scrittore Robert Howard sparatosi alla tempia all'età di trent'anni nel 1936), approdato al fumetto negli anni '70 e quindi al cinema negli anni '80, non è tuttavia possibile rimproverare agli autori queste e altre omissioni, data la brevità dell'opera, e anzi ci pare che il pregio e al tempo stesso il difetto di questo libro sia il flusso inesauribile di nomi, titoli e date che rischia di travolgere il lettore non già appassionato di fumetti.
A mitigare questa mole di informazioni sono le illustrazioni, che costituiscono una ottima scelta di tavole fumettistiche sul tema della morte e che rappresentano un ideale panorama della storia del fumetto ripercorsa in queste pagine, compresa una ministoria in due tavole di Maurizio Rosenzweig, che con altri giovani autori italiani ha pure fornito delle sue interpretazioni di personaggi famosi appositamente per la mostra Il tratto della morte. A complicare invece la lettura sono gli sfondi delle pagine che talora rendono faticoso leggere il testo, e la disposizione tipografica delle note che talvolta "sforano" dalla pagina in cui sono citate. L'auspicio è che gli autori possano espandere questo loro lavoro in una opera di più ampio respiro, conservando il contagioso entusiasmo che hanno saputo infondere in questo loro Tratto della morte.
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